Daimler SP 250: il rospo inglese

Daimler SP 250: il rospo inglese

Sul finire degli anni cinquanta la Daimler Motor Company, la più vecchia (fondata da Harry J. Lawson nel 1896) e conservatrice casa automobilistica d’Inghilterra, fra l’altro fornitrice ufficiale della Corte Reale inglese, faticava a vendere le sue grandi e lussuose berline, così si decise di svecchiare il marchio con qualche nuova proposta.

I vertici della casa inglese decisero di provare la strada dell’auto sportiva a due posti cabriolet, attratti anche dalle richieste che pervenivano dal mercato americano per questa tipologia di automobili.

Si mise in cantiere la Daimler SP 250. Inizialmente denominata Dart fu subito rinominata con la sigla interna di progetto, a causa di una diffida della Chrysler che aveva già registrato il nome per una sua auto.

La nuova sportiva fu presentata nell’ottobre del 1959 a Londra, anche se fece una prima apparizione in pubblico nell’aprile dello stesso anno al Salone dell’auto di New York.

 

I prototipi di questa atipica spyder inglese iniziarono a circolare nel 1957 e solo due anni dopo i tecnici della Daimler deliberarono la definitiva auto con specifiche all’avanguardia per i tempi, forse pure troppo all’avanguardia.

Dotato di un buon motore V8 di 90° e di 2,5 litri di cilindrata aveva basamento in ghisa e testata in lega leggera con camere emisferiche e distribuzione a singolo albero a camme centrale capace di erogare 142CV, che permettevano alla vettura di raggiungere i 200 km/h e di accelerare da 0a 100 in appena 8.9 secondi.

La carrozzeria era in vetroresina, scelta per contenere i costi di produzione e per la facilità di eventuali modifiche future. Infatti si calcolò che il costo di produzione della carrozzeria in fibra di vetro risultava più economico di dieci volte rispetto al tradizionale acciaio.

Il disegno della carrozzeria, opera di Jack Wickers, alquanto di rottura con i canoni dell’epoca, era caratterizzato da due grandi pinne posteriori, da una parte frontale dominata da due fari verticali molto sporgenti e da una calandra ovoidale e schiacciata verso il basso: tutto ciò la faceva assomigliare ad un rospo.

Fu prodotta in tre serie, di cui la prima denominata A–Spec,  fu prodotta in 1924 esemplari ed era la versione più spartana, sostituita nel 1961 dalla B-Spec. Con questa seconda versione la Jaguar, che aveva acquisito il marchio Daimler, irrobustì il telaio con dei fazzoletti di rinforzo sia all’anteriore che al posteriore, telaio che purtroppo fletteva eccessivamente e che in alcuni casi  poteva portare all’apertura accidentale delle portiere. Dopo solamente 474 unità costruite, si passò alla C-Spec che si differenziava per una serie di ulteriori ma significative migliorie all’abitacolo della SP 250; di quest’ultima versione si produssero solo 256 esemplari.

La costruzione si arrestò nel 1964 con un totale di numero 2648 esemplari prodotti, più sei prototipi pre serie.

Risultato certo lontano dall’ottimistica prospettiva di 7500 esemplari da produrre in tre anni previsto dalla casa costruttrice.

A mio giudizio, fu un peccato perché la SP 250 aveva delle caratteristiche abbastanza buone: i quattro freni a disco, per esempio, che con l’aiuto di un peso ridotto permettevano spazi di arresto molto contenuti, e anche il motore, progettato da Edward Turner, aveva una buona potenza e permetteva di tener testa, all’epoca, a vetture più potenti e di cilindrata più elevata quali la Jaguar XK150 e la Austin-Healey 3000.

 

Se non fosse stato per quella linea personale …da rospo.

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Renzo Raimondi
Renzo Raimondi - Padre di famiglia fiero, grande appassionato di motori e auto storiche.

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