JAGUAR XJ220: la supercar britannica!

JAGUAR XJ220: la supercar britannica!

La Jaguar XJ220 è una macchina straordinariamente sconvolgente per eleganza e impatto scenico, favolosa e leggendaria che rinverdisce; siamo nel 1992; e il blasone è quello della Jaguar. Ovviamente, a me piace parecchio.

Il suo carattere spettacolare è dovuto prima di tutto alle smisurate dimensioni che, anche se appaiono sicuramente proporzionate, danno un impatto scenico sconvolgente, che per quanto riguarda il design propone delle forme molto pulite e filanti ed, al contempo, molto sinuose: tipicamente Jaguar. Si possono notare ispirazioni di modelli iconici del passato della Jaguar, quali E-Type, D-Type e, soprattutto, XJ13.

La storia della XJ220 inizia in sordina, con una fugace apparizione in veste di prototipo al Salone di Birmingham nel 1988, suscitando parecchia attenzione da parte di tutti i presenti alla kermes motoristica; proprio queste attenzioni convinsero l’allora il “capo” John Egan a verificarne la fattibilità commerciale tendo conto di tutte le critiche e dei suggerimenti ricevuti.

Dopo circa un anno si decise positivamente per il futuro commerciale della Jaguar XJ220.

Al prototipo, però, furono apportate diverse modifiche come l’accorciamento della carrozzeria di circa 25cm ma l’impatto scenico rimase comunque impressionante dovuto ad una lunghezza appena al di sotto dei 5 metri; la macchina cala di circa 350 kg. Per quanto riguarda il motore ci fu una vera e propria rivoluzione in seno all’architettura del propulsore, infatti fu adottato un v6 di 3,5 litri dotato di due turbocompressori rispetto al v12 di 6 litri che equipaggiava il prototipo iniziale. Il motore v6 era lo stesso che equipaggiava la XJR 11, una delle protagoniste del Campionato del Mondo Endurance 1989, solamente addolcito per poter essere omologato nell’uso stradale.

La nuova supercar di Coventry ebbe una delle genesi più travagliate e intriganti che io conosca.

Facendo un passo in dietro nel tempo immaginiamo di andare al 1984, e più precisamente all’inizio di agosto di quell’anno. Su imposizione del primo ministro inglese, la “Lady di Ferro” Margharet Thatcher, vengono messe in vendita le azioni della Jaguar, facente parte della BMC fin dal 1966; la borsa brucia in pochi minuti la disponibilità azionaria e gli ordinativi azionari risultano dieci volte superiori all’offerta. Da quest’evento in poi la Jaguar non ha smesso di crescere e prosperare; torna anche alle corse vincendo due campionati del mondo negli sport prototipi (1987 e 1988) e torna, pure, vittoriosa alla 24ore di Le Mans, tutte performance ottenute ad opera della filiale sport, opportunamente istituita, che si avvaleva della collaborazione di Tom Walkinshaw con la sua TWR.

In questo clima di euforia alla vigilia di Natale del 1984, sul retro di un cartoncino di auguri, il capo ingegnere Jim Randle concepì e disegnò una sagoma che prefigurava l’XJ220. Ne parlò direttamente con il gran capo Jhon Egan, il quale approvò l’idea ma mise due condizioni: che l’operazione non costasse un penny all’azienda e che non distraesse nessun dipendente dal suo lavoro. L’ingegner Randle non si perse d’animo e, nel giro di poche settimane, riuscì a raccogliere una manciata di dipendenti, motivati e capaci, pronti a sacrificarsi nel tempo libero, senza autorizzazione ufficiale nè tantomeno finanziamenti diretti. Nel Gennaio del 1985 nasce il cosi detto Saturday Club (club del sabato): un circolo molto esclusivo, pieno di passione e di orgoglio tipicamente inglese, pronto a scontrarsi con mostri sacri, allora presenti sul mercato delle supercar, quali Porsche 959 e Ferrrari 288 GTO.

Lo stile definitivo, dopo aver provato un modello nella galleria del vento ottenendo un lusinghiero CX collocabile tra lo 0,35 e lo 0,38, venne approvato nel 1987 e a settembre dello stesso anno, al salone di Birmigham, fu esposta al pubblico la versione definitiva della nuova supercar inglese.

Altro fatto curioso fu che proprio lo stand Jaguar si trovò allocato di fronte a quello della Ferrari: da una parte la XJ220 e dall’altra la F40.

La linea della Jaguar XJ220 fu sviluppata dal designer Keith Helfet sulle indicazioni di Jim Randle, l’auto era spinta da un poderoso V6 3.5 biturbo da ben 550 CV e 643 Nm di coppia massima, mentre la trasmissione era assicurata da un cambio manuale a 5 rapporti. Con tanta potenza e con un peso contenuto a 1375kg, grazie all’utilizzo di alluminio per carrozzeria e telaio, permetteva alla XJ220 di coprire lo 0-100 km/h in 3,75 secondi e spingersi a ben 343 Km/h di velocità massima.

Nel 1992, il primo esemplare venne venduto all’astronomico prezzo di 744.000 dollari. La produzione, durata sino al 1994, è stata di soli 275 esemplari, a differenza dei circa 350 previsti inizialmente, anche se va segnalato che alcune fonti riportano una produzione totale di 281 vetture. La versione di serie della XJ220, nella sua veste definitiva fu mostrata al pubblico nell’ottobre del 1991, era significativamente più leggera del prototipo, come detto precedentemente: il V12 venne sostituito con un più piccolo V6 biturbo e l’auto abbandonò la trazione integrale, presente sul prototipo, per affidarsi ad una più tradizionale trazione posteriore.

I pneumatici, sempre a differenza del prototipo che calzava dei Pirelli P Zero, erano appositamente realizzati dalla Bridgestone con misure di 255/45 su cerchi da 17 pollici all’anteriore e di 345/35 su ruote da 18 pollici al posteriore: il minimo per poter scaricare a terra tanta potenza.

Un altro cambiamento di concezione, rispetto al prototipo iniziale, fu l’abbandono delle porte “a forbice” per una più tradizionale apertura degli sportelli.

La XJ220 era lunga 4,93mt, larga 2 mt, e alta 1,15, con un passo di 2,64mt; caratteristiche che le conferivano, a vederla ancora oggi, una linea filante ed aggressiva al tempo stesso.

L’azienda AP Racing fornì sia l’impianto frenante, che era composto da dischi a quattro pinze ma senza ABS, come anche la frizione bi-disco della trasmissione.

Il V6 3.5 litri era dotato di due turbocompressori Garrett T3, con pressione di 2 bar, che permetteva il raggiungimento di una potenza massima pari a 550 CV a 7000 giri e ben 645 Nm di coppia a 4500 giri al minuto. Questo motore fu anche il primo V6 nella storia della Jaguar, gli alti 6 cilindri avevano un architettura in linea. La vettura, costruita a mano, è entrata in produzione nel 1992 in un apposito stabilimento di Bloxham vicino a Banbury, e le prime consegne avvennero a partire dal mese luglio dello stesso anno.

La Jaguar XJ220 stabilì all’epoca il miglior risultato velocistico del periodo, presso l’anello dell’alta velocità della pista pugliese di Nardò, in Italia, Martin Brundle guidò una XJ220 a 349,4 km/h; il suo esemplare però aveva un motore più potente di circa 60 CV rispetto a quello originale, ottenuti con l’eliminazione dei catalizzatori e con lo spostamento del limitatore dai 7.200 giri al minuto, che prevedeva la versione di serie, fino ai 7.900.

La Jaguar XJ220 fece anche alcune fugaci apparizioni nelle competizioni continentali nella categoria GT; corse a Le Mans nel 1993 pilotata da David Coulthard, David Brabham e John Nielsen.

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Renzo Raimondi
Renzo Raimondi - Padre di famiglia fiero, grande appassionato di motori e auto storiche.

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