Triumph Atlas, un furgone per tutte le stagioni.

Triumph Atlas, un furgone per tutte le stagioni.

Nell’immaginario collettivo il nome “Triumph” è legato in modo indissolubile alle belle e mitiche spider inglesi costruite per un trentennio dalla Casa di Coventry.

In Italia tutto questo è ancora più marcato soprattutto grazie al film “La dolce vita” dove un giovane e brillante Marcello Mastroianni, magistralmente diretto da Federico Fellini, scorrazza per Roma e dintorni guidando non una elegante Lancia, non una veloce Alfa Romeo e neppure una delle tante belle fuoriserie italiane così diffuse in quel periodo, bensì una spartana TR3 sconosciuta al grande pubblico, ma affascinante quasi quanto la bellissima Anita Ekberg.

Qualcuno potrà ora ricordarmi che la Standard Triumph costruì anche delle robuste berline e qualche elegante coupé, e a questo punto vorrei aggiungere che questa azienda si prodigò con successo nella costruzione di veicoli commerciali leggeri.

Fin dagli anni cinquanta la Standard guardò infatti con molto interesse al mercato dei veicoli commerciali, tanto da proporre una serie di versioni pick-up e furgonate costruite sulla base delle proprie berline, veicoli che ebbero un discreto successo commerciale. Incoraggiata dalle buone vendite e consapevole che quel segmento di mercato era in forte ascesa, nella seconda metà degli anni cinquanta la Standard tentò il salto di qualità con l’obiettivo di conquistare una quota stabile di quel mercato.

Lo fece progettando ex novo un furgone che si presentava innovativo sotto molti aspetti, ma che denunciava non poche ingenuità, figlie probabilmente della mancanza di esperienza della Casa di Coventry nel settore e di una non corretta visione del prodotto da parte del marketing.

Triumph Atlas -1L’Atlas, questo il suo nome, fu annunciato nel Settembre del 1958 dopo uno studio di progettazione che si protrasse a lungo e che impegnò significativamente le finanze della Triumph-Standard.

I primi esemplari furono tuttavia resi disponibili alla rete di vendita solamente nell’Agosto dell’anno successivo; era acquistabile in versione furgonata a 520 sterline e pick-up a 510, con portata da 10 a 12 CWT (da 500 a 600 kg).

Il nuovo furgone della Standard entrava quindi in diretta concorrenza con il Morris J2, il Ford Thames 400E e il Bedford CA, quest’ultimo leader delle vendite nel Regno Unito. Commercializzato con il marchio Triumph per questioni di immagine su alcuni mercati, tra cui quello americano, l’Atlas si presentava con un design moderno e, sotto molti aspetti, ricercato ed era caratterizzato dall’adottare ruote con parafanghi completamente coprenti che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non erano di alcun ostacolo alla sua capacità di sterzo che era veramente notevole e la migliore se confrontata con la concorrenza.

La carrozzeria era portante, ma tutto il gruppo “motore e cambio” era sostenuto da un telaietto ausiliare anteriore; questo poteva essere facilmente separato, con tutta la meccanica, dalla carrozzeria permettendo quindi minori tempi e costi per la manutenzione che risultava facilitata.Triumph Atlas -2

Triumph Atlas -5Anteriormente le ruote erano indipendenti con una balestra trasversale mentre posteriormente si era optato per un robusto ponte rigido, con un rapporto di 6.66:1, sostenuto da due balestre longitudinali.

La forma della carrozzeria era stata studiata per permettere un vano di carico che presentasse una forma molto regolare e questo al fine di consentire un notevole volume disponibile e facilità di accesso. La porta del guidatore poteva essere ordinata scorrevole, così come, oltre al portellone posteriore, potevano essere richieste le pratiche porte laterali su una o su entrambe le fiancate.

L’idea dei progettisti e del marketing era che più piccolo fosse stato il motore, maggiore sarebbe stata l’economicità: ecco quindi che l’Atlas fu motorizzato con il piccolo motore a benzina di 948 cc da 35 BHP mutuato da quello berlina Standard Ten.

Quello che sarebbe dovuto essere uno dei punti di forza del progetto si rivelò invece ben presto il suo grande limite e problema. La notevole capacità di volume portava a usare l’Atlas ai limiti delle sue capacità di carico, quando non oltre, e il suo piccolo motore di conseguenza veniva usato costantemente al massimo delle sue possibilità, con il risultato di consumi elevati e di prestazioni che restavano al limite della sufficienza.

L’abitacolo era rumoroso e poco isolato dal calore del motore che si trovava tra i due sedili, mentre la leva del cambio, a quattro marce con le tre superiori sincronizzate, era posta in una posizione che la rendeva scomoda da manovrare. Dopo un avvio di vendite che sembrava promettente, la domanda rallentò velocemente e questo accadde proprio sul finire del 1960 in concomitanza con i mesi di piena crisi finanziaria della Standard. Triumph Atlas -3

L’Atlas, il cui progetto aveva assorbito ingenti risorse economiche e su cui c’erano molte attese, stava ora tradendo tutte le aspettative.

La storia ci racconta di come la Standard sarebbe finita in breve tempo sotto il controllo prima finanziario e poi operativo della Leyland, azienda che era leader nel mercato dei veicoli commerciali e a cui mancava proprio un veicolo leggero. L’Atlas rientrava quindi pienamente nelle strategie della Leyland e sul finire del 1960 venne rivisto nelle motorizzazioni: alla versione dotata del motore maggiorato a 1147cc, ora disponibile, si affiancava la versione Major dotata del motore da 1670 cc della Standard Ensign.

Con il 1963 il nome Atlas fu abbandonato e il furgone fu rinominato “Standard 15” per sottolineare la sua nuova capacità di portata ora di 15 cwt (750 kg); pochi mesi dopo, sempre nel 1963, con l’abbandono del marchio Standard si decise per una nuova denominazione dell’Atlas: “Leyland 15” e “Leyland 20” diventarono i nuovi nomi di questo interessante veicolo che, superati i difetti di gioventù, diventava ora estremamente valido e competitivo.

La versione “Leyland 20”, capace di una portata di 20 cwt (1000 kg) e con passo maggiorato, veniva dotata del quattro cilindri di 2138 cc della TR4; non solo, ora era disponibile anche una versione con il motore diesel di 2260 cc da 60 BHP, lo stesso già utilizzato per la Vanguard e per i trattori costruiti dalla Standard per la Ferguson. Le nuove motorizzazioni rivitalizzarono l’interesse per l’Atlas le cui vendite ripartirono facendolo diventare, in breve tempo, parte integrale del paesaggio urbano di molte città inglesi.

L’Atlas diventava anche una valida base per tutte quelle trasformazioni, più o meno artigianali, solitamente eseguite e svolte dalle piccole carrozzerie industriali. Tra queste quelle di maggior successo portarono l’Atlas a essere camper, ambulanza, minibus e perfino piccolo autoarticolato.

Con la fusione avvenuta nel 1968 tra la Leyland e la BMC la produzione fu fermata dato che l’Atlas entrava in sovrapposizione con il nuovo furgone Morris JU250, lanciato nel 1967 e ritenuto, a ragione, ben più moderno e competitivo. In pratica, come accadde in altri casi simili, le attrezzature della catena di montaggio furono trasferite in India dove la produzione fu riavviata nel 1970 per terminare definitivamente nel 1980.

E’ facile immaginare come pochi siano oggi gli esemplari sopravvissuti e reperibili perché, analogamente a tanti altri veicoli commerciali, anche gli Atlas furono soggetti a una dura vita di lavoro.Triumph Atlas -4

Se la versione furgonata è rara, ancora di più lo sono le versioni pick-up e minibus, mentre meno difficili da trovare sono le versioni trasformate in camper. Il risultato sono quotazioni che, per veicoli perfettamente restaurati ed efficienti, sono estremamente elevate.

 

Sarebbe magnifico per portare la vostra auto d’epoca sui campi di gara…

IL RAID DA CITTÀ DEL CAPO A TANGERI

Durante il raid da Città del Capo a Tangeri organizzato nel 1958 per il lancio commerciale della Herald, l’Atlas fu utilizzato come veicolo di supporto. Durante l’intera attraversata dell’Africa l’Atlas si comportò più che egregiamente affrontando ogni tipo di strade e, non ultimo, l’attraversata del deserto algerino. L’avventura è raccontata nel libro “Turn Left for Tangier” edito dalla Standard Triumph nel 1960.

 

Ringrazio, per questo articolo, l’amico Giancarlo Cavallini, e tutta la redazione di Triumph In Italy.

 

www.triumphinitaly.it: l’enciclopedia del mondo Triumph, secondo me!

 

 

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Renzo Raimondi
Renzo Raimondi - Padre di famiglia fiero, grande appassionato di motori e auto storiche.

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