70 anni di Formula 1.

70 anni di Formula 1.

I suoi primi 70 anni tra trionfi, drammi e passioni senza tempo. La regina della velocità festeggia un’età importante che forse non dimostra, in un anno, quello del Coronavirus, in cui non è ancora riuscita ad accendere il semaforo verde.

Una storia gloriosa e fortunata che la Formula 1 celebra guardando con rispetto al celebre passato che ormai sa di amarcord, ma spingendo l’acceleratore sul presente e soprattutto sul futuro disegnato dalla nuova proprietà a stelle e strisce. Americani che festeggiano la ricorrenza del 13 maggio 1950 quando prese il via il primo Gran Premio del Mondiale di F1 Silverstone in Inghilterra e che fu vinto dal pilota italiano Nino Farina, poi laureatosi con l’Alfa Romeo campione del mondo.

Negli anni a seguire il Circus fu soprattutto un affare privato da Juan Manuel Fangio e la Ferrari di Alberto Ascari, con l’argentino che vinse la sfida con l’italiano inanellando ben sei titoli e restando il più grande di tutti fino all’avvento di Michael Schumacher arrivato a quota sette. Un primato che potrebbe essere eguagliato quest’anno dall’attuale campione del mondo, l’inglese Lewis Hamilton.

In 70 anni di corse e pole position, sono stati in tutto 33 i piloti iridati, 108 hanno vinto dei Gran Premi mentre 764 piloti ed oltre 150 team hanno preso parte al Mondiale. Scuderie, che oltre ai driver, hanno fatto la fortuna di questo sport: prima fra tutte la Ferrari, nata dall’istinto motoristico del Drake e diventata via via un simbolo dell’Italia che ripartiva e imparava a correre alla fine della guerra.

Dopo il Cavallino Rampante, venivano tutte le altre dall’Alfa Romeo alla Mercedes, dalla McLaren alla Williams, alla Lotus. Un epopea quella della Formula 1 che entrò nel vivo a cavallo degli anni 70, quando le monoposto diventavano sempre più performanti e i piloti rischiavano la vita accarezzando il sogno di diventare un mito per gli appassionati dell’epoca.

Ecco allora le sfide tra Jackie Stewart ed Emerson Fittipaldi e poi quella ancor più celebre, rilanciata ai giorni nostri dalla pellicola cinematografica Rush, con le ‘battaglie’ fuori e dentro la pista tra Niki Lauda e James Hunt.

E poi l’avvento dei brasiliani Nelson Piquet e Ayrton Senna, la cui tragica morte a Imola l’1 maggio 1994, come successe anche per l’indimenticato ferrarista Gilles Villeneuve l’ 8 maggio 1982 nello spaventoso incidente a Zolder in Belgio, oltre a farne una leggenda segnò l’inizio della Formula 1 moderna nel nome di Bernie Ecclestone e Max Mosley, in cui le scuderie dovevano riuscire a rendere le vetture non solo più veloci, ma anche più sicure.

A dominare, in questa fase, sarà ben presto il kaiser Schumacher tanto da far dimenticare gli ormai ‘vecchi’ Alain Prost e Nigel Mansell. I figli di, Damon Hill e Jacques Villeneuve, resteranno delle parentesi. A spezzare il dominio della Rossa di Schumi, Jean Todt (ora presidente Fia) e Luca di Montezemolo, ci penserà lo spagnolo Fernando Alonso allevato dal manager italiano Flavio Briatore.

Una volta sbarcato in Ferrari, l’asturiano smetterà di vincere lasciando spazio ad un altro tedesco, Sebastian Vettel, così bravo da arrivare dopo quattro titoli in Red Bull a Maranello dove non è ancora riuscito a riportare il Mondiale piloti che manca alla gioia dei cuori rossi dal 2007 targato Kimi Raikkonen.

A prendersi tutto negli ultimi anni, grazie anche ad una super Mercedes, e fatta eccezione per l’intermezzo dell’altro figlio di, Nico Riosberg, sarà l’inglese colored Lewis Hamilton, capace di vincere per sei volte come Fangio e ad un passo dal primato di Schumi.

A fermarlo per ora ci ha pensato il Coronavirus che, nell’anno in cui la Formula 1 compie 70 anni, è riuscito a ritardarne la partenza rovinando per ora una stagione che non vedeva l’ora di stupire con l’ennesimo figlio di, Max Verstappen, e l’astro nascente in Ferrari Charles Leclerc.    

 

 

Fonte Ansa

 

 

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Renzo Raimondi
Renzo Raimondi - Padre di famiglia fiero, grande appassionato di motori e auto storiche.

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